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SANNIO (province di Benevento, Avellino e Campobasso) - Infarto, screening sugli emigrati

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SANNIO (province di Benevento, Avellino e Campobasso) - Infarto, screening sugli emigrati Gaty Sepe

13-Giu-2005
SANNIO (province di Benevento, Avellino e Campobasso) - Infarto, screening sugli emigrati
Gaty Sepe

13 giu 2005

[FONTE: Il Mattino on line]

Quando i migranti erano gli italiani, le loro rimesse sono state considerate il motore della ricostruzione e del miracolo economico degli Anni Cinquanta. Dai geni di quei fratelli lontani, oggi, gli scienziati contano di riuscire a ricavare indicazioni utili a mettere a punto programmi mirati di medicina preventiva.
Gli emigranti come risorsa. Anche per la scienza.
Si chiama Imcagen - un brutto nome che i comunicatori stanno cercando di ingentilire - il progetto di ricerca avviato dall’Università di Napoli Federico II, dipartimento di Biologia e Patologia Cellulare e Molecolare, in collaborazione con il Centro di Ricerche cliniche dell’Università di Montreal diretto da Pavel Hamet, che ha come obiettivo individuare l’interazione tra geni, ambienti e patologie cardiovascolari, e come oggetto di studio un campione costituito da famiglie di emigranti sanniti in Canada.

Dopo la seconda guerra mondiale, almeno 27mila persone partirono dai piccoli comuni di questa regione compresa tra le province di Benevento, Avellino e Campobasso.
Oggi, i discendenti di quelle famiglie, sia quelli residenti nei luoghi d’origine che nelle nuove terre Oltreoceano, rappresentano un laboratorio biologico-culturale privilegiato per studiare le interazioni tra i geni e l’ambiente. Geni migranti. Uno stesso corredo comosomico trasportato da questi uomini e queste donne partiti da piccoli comuni come Ponte Landolfo, San Bartolomeo in Galdo, Molinara, Amorosi, in un paese con un clima, un’alimentazione, uno stile di vita completamente diverso.

«Le famiglie di emigranti - spiega Donatella Tramontano - ordinario di Biologia Applicata della Federico II - offrono un modello unico per lo studio delle interazioni tra geni e ambiente e del loro ruolo nell’insorgenza delle malattie. Lo scopo della nostra ricerca è combinare il potere investigativo degli studi di famiglie, cioè di soggetti che condividono gli stessi geni, con quelli sugli emigranti, analizzando così l’effetto della componente genetica e di quella ambientale e le loro interazioni sull’insorgenza, la progressione e le conseguenze delle malattie cardiovascolari in famiglie i cui membri risiedono nel paerse di origine e in quello ospite».

Nello studio verranno «arruolate» 150 famiglie, emigrate in Canada tra il 1945 e il 1965, che abbiano parenti di primo grado residenti in Italia e che abbiano avuto una malattia cardiovascolare da una parte e un rischio cardiovascolare dall’altra.
I ricercatori prenderanno in considerazione famiglie di almeno quattro persone, con almeno due generazioni viventi.

«Il nostro obiettivo - spiega la professoressa Tramontano - è riuscire ad identificare i geni indipendenti dall’ambiente da quelli sensibili, per mettere a punto una prevenzione cardiovascolare mirata. Nei casi in cui nell’insorgenza della patologia sono coinvolti geni indipendenti, infatti, può risultare utile la prevenzione farmacologica, ma nei casi in cui, invece, i geni coinvolti sono quelli sensibili all’ambiente, può essere sufficiente mettere a punto stili di vita differenti per agire sui fattori di rischio».

La valutazione clinica, però, non è l’unico obiettivo della ricerca. La comparazione dei dati biologici consentirà infatti anche il raffronto tra due comunità con stili di vita e strutture socio-economiche differenti, capace di rivelare così, anche il grado di «accoglienza» riservato dal nuovo mondo ai nostri emigrati.

«Crediamo fermamente nel valore sociale di studi del genere - spiega ancora la Tramontano - per risensibilizzare la nostra gente alle problematiche connesse alle migrazioni. Per arruolare il nostro campione coinvolgeremo amministratori locali e medici di famiglia, approcceremo le popolazioni anche con le feste di piazza. Puntiamo di trasformare queste occasioni, insomma, in palestre di accoglienza e tolleranza della diversità».



[origine: http://ilmattino.caltanet.it/mattino/view.php?data=20050612&ediz=
NAZIONALE&npag=16&file=APRE.xml]

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